Capitano Gino Pillon – Medaglia d’Argento al Valor Militare

Capitano Gino Pillon – Medaglia d’Argento al Valor Militare, al quale è intitolato il Gruppo Alpini di Nervesa della Battaglia

UN PICCOLO – GRANDE ALPINO

Gino Pillon nacque a Nervesa il 21 febbraio 1896,
Dopo aver seguito regolarmente i corsi di istruzione inferiore fu iscritto al Regio Istituto per Geometri di Treviso dove ottenne il diploma con ottimi risultati. Si iscrisse appena diciannovenne al Politecnico di Milano per il corso di Laurea in Ingegneria.
Nella città lombarda ferveva ormai un desiderio di partecipazione attiva alle vicende nazionali ed europee a cui il giovane Gino non seppe rimanere insensibile, così, allo scoppio delle ostilità, anche contro il parere della famiglia, decise di chiedere l’arruolamento volontario nelle truppe alpine. Passato per il corso Allievi Ufficiali, Tenente Alpino tra gli alpini del Battaglione Tolmezzo, 8° Reggimento Alpini, seppe sempre distinguersi riportando anche una ferita in azione e si guadagnò una Croce al Valor Militare, con la motivazione: “Sotto violento bombardamento, piazzava fuori della trincea una mitragliatrice, manovrandola personalmente, per coadiuvare un contrattacco dei nostri, e non desisteva dal tiro nutrito ed efficace, fino a che il nemico non veniva volto in fuga – Costone Cady, 23 giugno 1918 (Monte Cavento, Adamello-ndr)”
Terminato il conflitto, tornò a Milano per riprendere e proseguire gli studi, che gli valsero nel 1922 la Laurea a pieni voti in Ingegneria Meccanica, con abilitazione a quella civile. Nel frattempo si era sposato con una signorina conosciuta a Milano.
Tornato in Veneto, si trasferì per motivi di attività lavorativa a Treviso, dove aprì uno studio di progettazione in piazza San Vito, andando ad abitare in un appartamento di sua proprietà in piazza San Polo. Legatissimo alla sua Nervesa, svolse una intensa attività come progettista edile con molte realizzazioni private e pubbliche, tra cui vanno ricordate la Chiesa di San Nicolò, l’Asilo Monumento ai Caduti, le case dette “del Medico” e “del Segretario” dietro l’attuale Municipio, le scuole di Sovilla, Bidasio e Santa Croce ed anche, con un architetto, il Cippo alla Memoria del Magg. Francesco Baracca. Fu anche curatore della risistemazione dei Cimiteri di Nervesa. Suo anche il progetto di realizzazione della Centrale idroelettrica di Castelviero e la derivazione del canale sul Montello per alimentare le condotte forzate. Curò l’edificazione anche di altre costruzioni fuori paese, come la Chiesa Parrocchiale di Musestre, di un palazzo nobiliare a San Donà di Piave, il restauro della settecentesca villa Giacomini a Tezze di Piave ed altre opere ancora, creandosi fama e notorietà in tutta la provincia.
Furono anni molto fecondi e piacevoli in una Treviso che si andava ricostruendo anche sotto il punto di vista sociale e culturale. Fu amico strettissimo di Bepi Mazzotti con cui condivise la passione della montagna; con lui fu cofondatore della sezione di Treviso del Club Alpino Italiano e fautore della costruzione del Rifugio Treviso sulle Pale di San Martino, dove una lapide ancora lo ricorda. Si dedicò con passione all’alpinismo di scalata e molte furono le ascensioni, anche impegnative da lui compiute su tutto il nostro arco alpino, fino al Cervino e al Monte Bianco. Fu ottimo sciatore, vincendo molte delle Gare a cui partecipava.
Purtoppo, a causa di una grave malattia l’amata consorte gli venne a mancare nel 1924; egli la volle sepolta nella tomba di famiglia a Nervesa, dove ancor oggi riposa. Ma questo suo lutto determinò in lui un cambiamento radicale.
Volle allontanarsi per un po’ dall’Italia e si recò nell’Africa Coloniale, dove operò con la sua esperienza di ingegnere a supporto dei programmi governativi con la costruzione di strade, ponti, dighe e ferrovie (che ancor oggi svolgono egregiamente la loro funzione!).
Tornato in Italia ed alla sua professione dopo alcuni anni, decise di dedicarsi anche ad opere di pubblica utilità ed accettò incarichi anche politici che gli venivano richiesti dalle allora autorità. Per alcuni anni fu anche Podestà di Arcade
Ma la sua indole irrequieta tornò ad agitarsi allo scoppio della Guerra Civile in Spagna, in cui anche il nostro governo si fece coinvolgere con l’invio di truppe combattenti. Chiese ed ottenne di partecipare come volontario tra le fila de coloro che vennero inviati a combattere per le truppe a sostegno del Generalissimo Franco. Nel 1938, per le sue doti e caratteristiche di leader gli venne affidato il comando di una unità operativa nella zona di Valladolid, con la quale ottenne anche una onorificenza militare per il comportamento eroico ed efficace e purtroppo anche una ferita, di media gravità, che ne rese però inutile la permanenza in Spagna. Rientrò quindi in Italia.
Ormai anche in Italia l’aria cominciava a farsi pesante e fervevano i preparativi ad un intervento militare. Tra le iniziative che localmente vennero prese ci fu quella di porlo al comando di uno stabilimento di produzione di materiale bellico di Castelfranco Veneto, incarico che svolse con competenza e professionalità.
Ma non poteva durare a lungo, troppo forte era il richiamo dell’azione, dell’emozione di stare con i suoi amati alpini, della frenesia della preparazione di un attacco, dell’adrenalina di un combattimento.
Pur con capacità fisiche ridotte ed una età non proprio adatta, volle fare “carte false” per riprendere il servizio attivo. Per esigenze belliche le autorità militari lo posero come Capitano al comando di una compagnia del Battaglione Val Natisone del 1° Gruppo Alpini “Valle” ed inviato sul fronte greco-albanese, dove svolse sempre egregiamente quello che riteneva essere il suo dovere.
Il giorno 27 gennaio 1941 giunse la sua apoteosi. Durante un aspro combattimento, a suo tempo testimoniato dai superstiti e dal cappellano militare che raccolse il suo piastrino di riconoscimento, non ebbe timore alcuno nell’esporsi al tiro nemico per dare esempio e forza alle truppe sue dipendenti nell’azione di attacco ad una munita postazione tenuta dal nemico. Colpito da tiro di mitragliatrice decedeva sul luogo e trattandosi di azione offensiva non positiva, il suo corpo non potè essere recuperato; finì con ogni probabilità sepolto in una fossa comune ad opera dell’ avversario. Anche ulteriori ricerche svolte in tempi successivi non hanno mai portato esito positivo. Cessate le ostilità, alla sua memoria venne conferita una Medaglia d’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione:
Pillon Gino fu Vittorio, da Nervesa della Battaglia (Treviso), capitano di complemento, 1° Gruppo Alpini “Valle”, battaglione Val Natisone (alla Memoria). “Rifiutava l’esonero per accorrere per la quarta volta a combattere per la Patria. Assunto il comando di una compagnia, pochi giorni prima di aspro combattimento, la preparava saldamente al cimento. Durante l’attacco ad una posizione accanitamente difese dal nemico ad alla testa del proprio reparto si lanciava all’assalto e benchè colpito mortalmente da una raffica di mitragliatrice, trovava ancora la forza per inneggiare alla Patria – Monte Bregianit (fronte greco), 27 gennaio 1941.
Le sue spoglie riposano in terra straniera, tra i suoi alpini caduti con lui ma la sua memoria è ancora tenuta viva a Nervesa: il suo nome è presente nella tomba di famiglia, anche se gli è stata negata la possibilità di riposare per l’eternità accanto alla sua amata consorte, e per doveroso riconoscimento, il Gruppo Alpini di Nervesa, a cui a suo tempo le nipoti Stefani-Pillon hanno donato la sua Medaglia d’Argento, porta l’intitolazione all’eroico Capitano Gino Pillon, vero Alpino di Nervesa.

A cura di Alberto Talamanca, alpino del Batt. Gemona, pronipote del Cap. Pillon.