“…La Tradotta che parte da Torino, a Milano non si ferma più, la va diretta al Piave cimitero della gioventù. – A Nervesa, a Nervesa c’è una Croce, mio fratello è sepolto là…”
Tutti, o quasi, conoscono la triste e celeberrima canzone della Grande Guerra “La Tradotta”, cantata dai soldati in partenza per il fronte, ma non tutti sanno, che la Croce dove è sepolto il fratello (nel secondo verso) è quella che troviamo all’ingresso del Monumento ai Caduti di Nervesa.
La Croce in devozione a Gesù, riporta tutti i Simboli della Passione e viene posta in loco verso la fine del 1800, all’incrocio tra l’odierna Via Brg. Piemonte – Brg. Palermo e Via Gen. Vaccari – M. Bossi. Il nodo stradale divenne punto cruciale durante la battaglia del Solstizio, essendo l’unica strada libera, proveniente da sud, per far affluire truppe al caposaldo di Villa Berti, bravamente tenuto da arditi e fanti della Brigata Piacenza. L’ emblema di Cristo era anche considerato punto di rifermento nel movimento dei soldati italiani e lo sarà anche per gli austroungarici, nelle giornate del 19-20 giugno durante la Battaglia del Solstizio. Va infatti considerato che, nella campagna Veneta di inizio ‘900, non era facile per le truppe militari di passaggio trovare dei punti di riferimento, specialmente durante i combattimenti, e la nostra Croce lo era! La prova della sua presenza in campo di battaglia sono i numerosi bozzi e fori dei colpi di moschetto che si possono ancora vedere.
Ma singolare è la storia che la porta da quel modesto incrocio al Monumento Ossario. Negli anni settanta il Sacro simbolo, considerato molto vecchio e rugginoso, venne sostituito con una copia perfettamente uguale alla precedente. Ma mentre la nuova Croce inizia la sua storia sostituendo l’altra, la vecchia viene dimenticata in casa del bravo artigiano “clonatore”, dove vi rimase qualche anno prima di essere ceduta ad un nobiluomo veneziano, che la trasferì nella cappella privata della sua dimora. Alla scomparsa del proprietario veneziano, essenziale e determinante fu l’interessamento personale del Sig. Albino Furlan, compianto Presidente dell’Ass. Combattenti e Reduci, che nel carosello di passaggi di proprietà della dimora veneziana presso la quale era depositata la Croce originaria, incontrò molti personaggi ai quali porrà sempre la stessa supplichevole richiesta per la restituzione del Sacro simbolo, ricevendone per altro sempre diniego. Finalmente, dopo dieci anni di estenuanti trattative con numerosi successivi proprietari, con le speranze al lumicino, fu il nuovo proprietario giapponese a restituire la Croce donandola al Sig. Furlan, che prontamente organizzò il viaggio di ritorno al Paese originario. Successivamente con una solenne cerimonia, la Croce originaria venne traslata al Sacrario Militare – Monumento ai Caduti, assieme agli stessi soldati che l’hanno assunta come punto di riferimento, forse proprio per non dimenticare che “il fratello è sepolto là”.